La basilica di Santa Cecilia sorge, seconda la leggenda, su un luogo di culto (“titulus Caeciliae”) che esisteva prima del V secolo nella casa romana ritenuta di San Valeriano, marito della santa martirizzata sotto Marco Aurelio; papa Pasquale I edificò l’attuale basilica alla quale furono aggiunti il portico, il campanile e l’ala destra del convento con il chiostro (fine XII secolo inizi XIII secolo); restauri si ebbero intorno al 1540 (costruzione del coro, con l’occultamento degli affreschi di Pietro Cavallini) e nel 1600 (sistemazione della confessione, rialzamento del presbiterio, altari laterali), che furono seguiti da quello radicale del 1724 realizzato per il card. Francesco Acquaviva da Domenico Paradisi e Luigi Barattoni (volta, coretti, decorazioni a stucco, nartece e facciata); al 1741-1742 risale il prospetto del convento sulla piazza. Nel 1823, su incarico del card. Giacomo Doria, furono inglobate, per ragioni statiche, le colonne delle navate in pilastri; a fine ‘800 fu rifatta la cripta. L’ingresso monumentale attribuito a Ferdinando Fuga (1741-1742) dà accesso a un vasto "Cortile" piantato a giardino, al centro del quale è un bacino rettangolare con un antico cantaro marmoreo. La faccia della basilica, rimaneggiata nel ‘700 (sulla destra, campanile romanico di metà XII secolo), è preceduta da un "Portico" che conserva le colonne antiche e l’originario architrave con fregio musivo (XII secolo), pietre tombali e frammenti medievali; a destra, il sontuoso “monumento al card. Paolo Emilio Sfondrati” (1618), su progetto di Girolamo Rainaldi, con rilievi marmorei che ricordano la ricognizione del corpo di Santa Cecilia voluta dal cardinale (1599).
ORARI E INDIRIZZI:
Piazza di Santa Cecilia, 22 - La Basilica e gli scavi/cripta sono visitabili da lunedì a sabato dalle ore 10:00 alle ore 12:30 e dalle ore 16:00 alle ore 18:00, nei giorni festivi dalle ore 11:30 alle ore 12:30 e dalle ore 16:00 alle ore 18:00. Il Coro monastico con gli affreschi del Cavallini da lunedì a sabato dalle ore 10:00 alle ore 12:30, nei giorni festivi dalle ore 11:30 alle ore 12:30 - Per informazioni Tel. 06.5899289
COME ARRIVARCI:
BUS 44, 75 (fermata INDUNO), H (fermata TRASTEVERE/MINISTERO PUBBLICA ISTRUZIONE) 23, 44, 280 (fermata LUNGOTEVERE RIPA/PORTO) - TRAM 3, 8 (fermata INDUNO)
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L’interno della basilica di Santa Cecilia, preceduto da vestibolo, è a tre navate; la maggiore absidata e con volta a botte ribassata, è separata dalle laterali da pilastri che inglobano le colonne antiche. Nel Vestibolo: a destra, “tomba del cardinale di Hartford” (1398) di Paolo Taccone; a sinistra, “monumento del cardinale Nicolò Forteguerri” (1473) attribuito a Mino da Fiesole, ricomposto nel 1895. Alla parete destra del vestibolo si addossa una Cappella con un “Crocifisso fra la Madonna e San Giovanni evangelista”, affresco staccato del tardo XIV secolo, e altro, quattrocentesco, sulla parete sinistra, della “Madonna in trono e santi”. L’ampia e luminosa navata centrale conservata il vivace carattere settecentesco; nella volta, affresco “Apoteosi di Santa Cecilia” di Sebastiano Conca (1727). Dalla navata destra, attraverso un corridoio affrescato “paesaggi e santi” di Paul Brill (in fondo, “statua di San Sebastiano” della prima metà del XVI secolo attribuita a Lorenzetto; a sinistra, “Ss. Valeriano e Cecilia” di Guido Reni), si accede ala cappella del bagno, il Calidarium dove secondo la tradizione la santa restò tre giorni esposta ai vapori prima del martirio (visibile le antiche condutture termali); decorato da affreschi attribuiti ad Andrea Lilli, ha sull’altare una “Decollazione della santa” del Reni (1603). Sulla navata destra, si apre anche la quattrocentesca Cappella dei Ponziani, con volta a crociera decorata di un “Dio Padre tra gli evangelisti” di Antonio del Massaro, autore anche degli affreschi alle pareti (1470); altare con paliotto cosmatesco. Fra questa cappella e la successiva, altare di San Benedetto con tela di Giuseppe Ghezzi. Alla Cappella delle Reliquie, su disegno di Luigi Vanvitelli che eseguì anche la pala e l’affresco della volta, è adiacente un piccolo ambiente con il “monumento del cardinale Mariano Rampolla del Tindaro”, teatrale composizione di Enrico Quattrini (1929). Alla parete destra della testata della navata, affresco quasi illeggibile “Santa Cecilia appare a Pasquale I” (XII secolo) staccato dal portico. Nel presbiterio al centro ciborio, capolavoro di architettura e scultura gotica di Arnolfo di Cambio (firma, 1293), su quattro colonne di marmo nero e bianco, con archi trilobi, timpani e cuspidi, decorato con rilievi e statuette di “angeli, santi, profeti ed evangelisti”, sotto l’altare, sepolcro in marmi e bronzi dorati con la celebre Santa Cecilia di Stefano Maderno (1600), che ritrasse il corpo della santa come fu visto all’atto della ricognizione (1599). Nel catino, mosaico (820) del "Redentore benedicente" con, a sinistra i "Ss. Paolo, Cecilia e Pasquale I" (che reca il nimbo quadrato dei viventi e il modellino della chiesa) e, a destra, i "Ss. Pietro, Valeriano e Agata"; intorno, simboli cristiani; nella fascia inferiore, “Agnello mistico” e due teorie di “agnelli”. Ai lati dell’abside, entro nicchie, “busti di Clemente XI e di Innocenzo XII” attribuiti a Giuseppe Mazzuoli (1723-1725). Alla testa della navata sinistra, “Ss. Pietro e Paolo” di Giovanni Baglione; seguono, in successione sugli altari, “Sant’Agata” di Paolo Guidotti, “Sant’Andrea” del Baglione e i “Ss. Stefano e Lorenzo” di Giuseppe Ghezzi. Dalla navata sinistra si viene accompagnati nel Chiostro (XII secolo) che, scandito da pilastri e caratterizzato da archetti su colonnine (fortemente contrastante è la chiusura moderna a finestre), è stato alterato dall’inserimento di un muro, con arcate rette da capitelli e colonne antiche, costruito nel 1559 per sostenere il refettorio del convento. Su una parete, una lunetta di Francesco Vanni “Morte di Santa Cecilia” e altre due del Baglione. Una scala dà accesso al Coro delle Monache, addossato alla controfacciate della chiesa su cui sussiste il "Giudizio universale", capolavoro di Pietro Cavallini (1289-1293); riscoperta nel 1900, l’opera più significativa della pittura pregiottesca romana illustra, in alto, “Gesù tra la Madonna, il Battista e gli apostoli”, in basso (al di sotto del piano degli stalli), gli “angeli che suonano le trombe” e le “schiere dei beati e dei reprobi”. L’ “Annunciazione”, a lato dell’ingresso e il “Sogno di Giacobbe” e l’ “Inganno d’Isacco”, sulla parete opposta, sono parte del ciclo cavalliniano.
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Il complesso archeologico nei sotterranei è stato rimesso in luce per lo più negli scavi del 1899; di non facile lettura, è costituto da una serie di costruzioni succedutesi dall’età tardo-repubblicana ai secoli II e IV, di cui rimangono i pavimenti in pus signatum e a mosaico bianco e nero, un ambiente termale, una stanza con otto silos circolari e vari frammenti di rilievi. L’ultimo ambiente è la cripta, opera bizantineggiante di Giovanni Battista Giovenale (1899-1901), eseguita a spese del card. Rampolla modificando ambienti preesistenti (dalla “fenestella confessionis” si vedono i sarcofagi dei Santi Cecilia, Valeriano, Tiburzio e Massimo e dei papi Lucio e Urbano). Indagini eseguite nel 1988 sotto la cappella delle Reliquie e l’attiguo convento delle Francescane hanno individuato una vasca battesimale circolare in laterizio, risalente forse al V secolo e sopraelevata nel Medioevo, testimonianza, rarissima in Roma, del battesimo per immersione, collocata in una stanza perfettamente conservata (ricavata da un ambiente del II secolo) con alle pareti resti notevoli della decorazione pittorica a velari.
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